Posterei ma non voglio

Non ho il talento della mia sorellona scrivendo di natura, fiori, farfalle, i doni della Dea Madre e il senso della vita, sssooooo don’t blame me. Per articoli fatti bene in tal senso, andate sul suo blog.

Di recente ho realizzato di soffrire di dipendenza da iperstimolazione – patologia inventata da me. Per essere più precisi, è successo quando sono arrivata a giocare al Nintendo mentre guardavo – anzi, ascoltavo – un episodio di Modern Family su Netflix. Penso di aver preso l’abitudine usando un video su YouTube per intrattenermi quando devo caricare la lavastoviglie o stendere i panni. E ancora ne guardo uno mentre bevo il caffè la mattina. E ancora mentre faccio quei dieci minuti di cardio. Ho trovato un Sacro Graal, capite? Sono in compagnia anche quando sono da sola! Tutto fantastico, finché la cosa non ti prende la mano. Di me ha preso fino al gomito, perché l’idea di pranzare senza un film sotto gli occhi e nessuno che mi parli mi fa ancora rabbrividire.

Con questa premessa, il mio spirito di sopravvivenza ha accolto con piacere la prospettiva di passare un paio di giorni nel Parco Nazionale della Sila, ovvero un’enorme distesa di montagne e pini in Calabria, dove mia zia ha una casetta. Lì, per quarantott’ore, nemmeno per un attimo ho avuto linea internet.

 

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Così, invece di disperarmi cercando un angolo in cui prendesse il telefono – come avrei fatto fino a due settimane fa -, ho deciso di godermi quello che c’era da vedere. Sembra un voto nobile e idilliaco, che dovrebbe farmi sembrare un modello di essere umano che ritorna alle origini e magari sente la voce di Dio da un focolare. Invece no.

 

Mi sono rilassata, mi sono stancata – soprattutto le gambe -, ho respirato, ho riso di gusto e ho ascoltato versi e rumori che non conoscevo. Ma mi sono anche annoiata, magari dopo la prima mezz’ora in riva al lago a fissare l’acqua e chiedermi come mi facesse sentire. Non dirò nulla che Fedez e J-AX non abbiano già cantato, ma il problema è che la noia viene demonizzata in una società che ci abitua a stancarci troppo presto di ogni cosa.

 

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Quindi ho abbracciato anche la noia, sforzandomi di andare oltre lo scopo di intrattenermi.

Dovremmo addentrarci nelle teorie di Piaget per risalire al momento in cui abbiamo scoperto il mondo e abbiamo pensato “Ogni cosa è fatta in funzione di noi”. Anche se ora siamo grandi e sappiamo che il sole esiste per illuminare altri oltre alla nostra persona, il bambino egocentrico resta dentro di noi e si guarda intorno aspettando di trovare qualcosa che sia lì affinché possa usufruirne. Il mio bambino interiore non è neanche troppo interiore e ho rischiato di scalciare e frignare in pubblico rendendomi conto che la natura non era lì per me, la natura era lì e basta. Non era una foto da scattare, né un commento da ispirare. O anche sì, dato che il selfie è qui sopra il paragrafo, ma per qualche motivo il bambino ha pensato che, dopo essersi interfacciata con me, la bellezza sarebbe sparita. Perché insomma, non c’era altro da fare con lei.

Elaborando questa riflessione, con il tempo necessario, con il silenzio, ho finalmente capito come mi sentissi. Come mi sento. Squallida. Materialista. Persa tra mille distrazioni.

La cosa peggiore è stata non potermi staccare di dosso quella viscida sensazione, visto che nonostante tutto continuavo a voler raccontare tale disagio alla ragazza con cui chatto su WhatsApp da mattina a sera. Perché un’emozione non esiste finché non riesco a dirlo a qualcuno, finché non ci aggiungo emoji per descriverla, o la pubblico su un social per farmi invidiare o compatire. Non esiste se resta di mio esclusivo possesso.

 

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Non potendo interrompere il circolo vizioso, perché tanto avrei fatto foto stupide con mia cugina per suscitare la sopracitata invidia virtuale, perché tanto avrei rotto il mio voto per giocare al Nintendo prima di dormire, perché tanto al primo wifi gratuito in un bar avrei mandato email per dire a tutti di essere ancora viva… ho provato un’altra strada. Ho deciso di rendere quantomeno utile il mio disagio. Non ho fatto parola a nessuno dei questi pensieri, per avere modo di riportarli qui. Pubblicati sul mio blog, dunque l’ennesimo mezzo tecnologico, ma almeno posso usarli nel modo giusto. Non chiedetemi perché, scrivere per me è sempre il modo giusto.

 

Ci sono state occasioni in cui, per un momento, sono riuscita a ripulirmi dal viscidume. Quando, in riva al lago, ho improvvisato un’impacciata versione di un video per principianti de La Scimmia Yoga. Insomma, quel video lo avevo seguito una volta sola e mi ricordavo ben poche posizioni, ma – caspiterina – ho fatto yoga in riva ad un lago!

 

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E quando un cavallo mi ha portato a passeggio in un bosco e tra campi di patate, quello mi ha davvero spento il cervello. Mi era mancato cavalcare, le gambe intorpidite e il sudore dietro la nuca di cui ti accorgi solo quando ti togli il cap. E’ una di quelle cose che facevo quando il mio telefono era un Nokia3310 e Facebook nel mio mondo non esisteva. Al massimo un nickname colorato su MSN, ma solo quando a mio fratello non serviva il suo computer.

Ho concluso che tanto non smetterò mai di fare tutto quello che faccio adesso, urlare sui social e guardare serie tv compulsivamente. Però forse posso ritagliare del tempo per riabituarmi a fare altro, forse posso ricominciare l’equitazione, forse posso seguire un corso di yoga. Chissà.

 

E comunque: no sorellona, non ci verrò sulla cima del Kilimangiaro con te, non voglio disintossicarmi a tal punto.

 

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2 risposte a "Posterei ma non voglio"

  1. Ritagliandomi del tempo per il fatidico “momento-facebook” (che in realtà uso pure poco, rispetto a tipo… Ig, whatever), ho intravisto la condivisione del tuo post nella home… sapevo che avevi un blog e avevo già letto qualcosa perché, ragazza, amo come scrivi, che siano improvvisate fanfiction erotiche o cose a caso o cose serie (sto tenendo da parte soldi per comprare anche il tuo libro, ma io e i soldi non andiamo d’accordo, penso di stargli antipatica). Sto divagando troppo, eh?
    Comunque, mi sono incuriosita e ho voluto spendere qualche minuti a leggere… e non mi è dispiaciuto affatto, anzi, mi sono pure abbastanza ritrovata in quello che hai detto… Io stessa mi rendo conto della mia realtà parzialmente virtuale, delle mie dipendenze dalle opinioni altrui su ciò che io stessa scrivo o disegno o.. o quello che è. Siamo affamati di notifiche e commenti e spesso fanno passare questo per malattia, ma in realtà è un istinto naturale dell’uomo in quanto, mio malgrado, animale da branco: vuole sapere cosa pensano gli altri di lui, cosa va bene, cosa va male. Solo che stavolta è tramite un telefono e non più su un giornale o attorno a un tavolino, non solo.
    Non sto usando questo come scusa, ma solo per dirti che comprendo come ti sei sentita quando ti sei accorta del tuo bisogno di non essere mai sola, indipendemente da quello che stai facendo… Sotto questo punto di vista, a me piace stare sola con me stessa (e la musica e il gatto al massimo) e va contro ogni mia morale tenere un film e non guardarlo (davvero, non ce la faccio), però… capisco, e se non avessi l’organizzazione di un ghiro con l’asma, coglierei l’occasione al volo e mi andrei a imboscare in qualche angolo di montagna, solo per la gioia di farlo. Tanto io amo la montagna, più del mare.
    E niente, scusa il papiro inutile, ma mi hai ispirato, mi hai fatto venire voglia di variare un po’ dal mio percorso, fare qualcosa di diverso… pure a me manca tantissimo andare a cavallo…
    Niente. Ti auguro una buona serata, ciao dalla solita me (Linda, o Ashe, o Stray_ashes, o come preferisci tu)
    Bye ~ 👋🏻

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    1. Non posso credere di aver aspettato sei giorni per leggere questo commento, devi perdonarmi. Prima predico per avere un feedback e poi non lo calcolo, sono incredibile.
      Sono d’accordo con te, l’uomo è quel che è, siamo animali sociali e questo ha dato molto potere ai social all’inizio dell’era del web. Infatti le mie riflessioni di autoaiuto non hanno mai una conclusione drastica, dopo sono tornata a giocare al DS. Però ho iniziato a fare yoga appena sveglia, chissà quanto durerà.
      Ti ringrazio non sai quanto per avermi scritto, stellina. Mi gratifica il fatto che tu apprezzi i miei lavori anche fuori dal contesto in cui mi hai conosciuta. E non preoccuparti, ai soldi sto antipatica anch’io.
      Un bacio!

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