Confessiamoci: Teen Wolf

Titolo deliberatamente rubato a Yotobi.

 

 

Chi mi conosce sa che corrispondo in pieno al profilo di ventenne telefila, il nome che si dà ai dipendenti dalle serie televisive. Poi il fatto che io sia così appassionata e non segua soggetti universalmente amati come Supernatural o Sense8, non si spiega. Hashtag I’m born this way.

Alla domanda tipica “Qual è la tua serie preferita?”, la mia risposta va sempre alla Trinità. No, non è un’originale Netflix sulla storia del Vaticano, è il modo in cui io chiamo i tre show che mi hanno rapita in egual modo e che vanno a toccare tutti i generi che preferisco. Glee per il tema musical e quello queer, Once Upon A Time per il fiabesco, Teen Wolf per il dark fantasy.

 

 

b958a76a05c2efb6b47ab1b335082966

 

Quello che hanno in comune:

– Sono iniziate tutte circa nello stesso periodo, sei-sette anni fa.

– Hanno fatto il loro tempo.

Che sia giusto o sbagliato, per definizione lo show business ha la tendenza a battere il ferro finché è caldo. Questo come si traduce in termini più concreti? Quando si crea un prodotto che piace al pubblico, lo si spreme finché dell’idea originale non rimane… nulla. Glee aveva esaurito le buone idee da una stagione e mezza, quando ha chiuso bottega. Once Upon A Time è arrivata addirittura ad eliminare il novanta percento del cast principale, lasciandoci in attesa di un’ultima stagione che, per forza di cose, sarà qualcosa di completamente diverso da ciò che conosciamo.

E poi c’è Teen Wolf. Sulla carta non si distanzia affatto dalle sue compagne, anche lei sta portando la storia verso il finale tappando i buchi con una trama che ormai lascia il tempo che trova.

Eppure, tra le tante serie che ho visto degenerare dopo un certo numero di filoni narrativi, Teen Wolf mi ha ufficialmente rotto le palle. Neanche l’adorabile faccino di Dylan O’Brien è riuscito a tenermi incollata allo schermo, neanche i pettorali di Tyler Hoechlin. Ed è tutto dire.

 

71dd5c53d9ed1916e6f42fb379b2e09c

 

Esistono alti e bassi in ogni serie, alcune sono state addirittura marchiate con stagioni intere di idee sbagliate, che purtroppo rimarranno per sempre lì nell’archivio della produzione, a ricordarci che nessuno è perfetto.

Scavalcando qualunque razionalismo, stavolta è diverso. Ho guardato l’episodio 6×11 di Teen Wolf, quello uscito la settimana scorsa che tutti aspettavano trepidanti, e mi ha annoiata dalla prima scena all’ultima. Ed è stato come svegliarsi, rendersi conto che questa noia non è nuova. Sono riuscita ad ammettere che la serie non mi piace più, da tempo ormai. Precisamente dalla morte di Allison.

 

7f5d42de01b927254311be915c2680c2

 

Non perché quel personaggio fosse il pilastro che teneva in piedi la trama, non c’è un motivo: l’angoscia della sua eroica morte è stata l’ultima emozione che ho provato seguendo gli episodi. Nemmeno Stiles e Lydia finalmente canon dopo sei anni mi hanno fatto nulla, e io sono quella che ha urlato durante la partita di lacrosse che Stiles ha vinto e Lydia acclamato dagli spalti.

“Even somebody as burned and dead on the inside as me knows better than to underestimate the simple yet undeniable power of human love.”, questi erano i tempi d’oro!

Non saprei neanche dire perché le nuove stagioni non mi convincano, riconosco uno sforzo nel trovare sempre qualcosa di nuovo – soprattutto nel trovarlo senza andare mai a parlare di vampiri, con la scusa che i protagonisti sono licantropi. Eppure boh, niente mi coinvolge. La nuova generazione erede del branco mi sembra una brutta copia dell’originale, ed è stato divertente per due minuti, quando Scott ha tentato di imitare il discorso da Alpha di Derek “We’re brothers now.” Dopo siamo tornati all’apatia.

 

L’insistenza con cui hanno continuato a propinarci il ragionamento:

Luci spente e nebbia ovunque = horror ben riuscito!

Quello lo so perché non mi piace. E’ semplicistico. Non mi intendo di horror, perché non è un genere che amo particolarmente, però persino io so che non basta un interruttore rotto per creare tensione in una scena. Di recente sembra che la luce del sole non esista su quel set, sono stata l’unica a notarlo? Più che spaventare, chi empatizza con i personaggi come me credo che ne resti esasperato. Già io sono cieca, se vivessi in una città in cui è sempre notte sarei stata mangiata da un coyote mannaro molto tempo fa.

 

685994d0538c9ec6ec72cb28293e7c08

 

Per non parlare dell’abuso della location scolastica. E’ un teen drama, okay, ma è ridicolo che in quella serie sia più raro trovare un teenager umano e normale che trovare una creatura sovrannaturale. Ridicolo anche il marasma di bestie che invadono la scuola – topi che scorrazzano, farfalle con istinti omicidi, lupi e coyote che entrano nel perimetro come se nulla fosse. Ad un certo punto ho iniziato a chiedermi con che coraggio i genitori di quei ragazzi non li abbiano ancora trasferiti!

 

Ah, e Derek. Il Derek che sparisce e ricompare e sparisce e ricompare e sparisce. E ora ricompare. So che questo altalenante status ha anche a che fare con gli impegni dell’attore – tifavo per lui quando voleva rubare il Bat-costume a Ben Affleck -, ma la sua assenza non ha fatto granché bene. Per di più spiegare l’assenza con “Derek è il personaggio solitario e misterioso, chissà cosa farà e quando tornerà” mi ha lasciato un che di inconcluso.

 

85053d05efc67c20962472835dc52f0f

 

Sono certa che, analizzando le ultime trovate con cui Once Upon A Time e Glee hanno tentato di tenere alti gli ascolti, conterei altrettanti e più punti deboli. E’ quello che succede quando una serie viene portata avanti più del necessario. Senza che abbia senso, senza nessuna colpa, i punti deboli di Teen Wolf mi pesano più di altri.

 

Ohhhhh! Finalmente.

Mi sono tolta un macigno. E’ stato più difficile di qualunque coming out. Mi scuso con gli amici che ancora sembrano ammaliati dalla serie e che vorrebbero fangirlare con me, soprattutto la mia amichetta Noemi. Per quanto mi riguarda, è la fine di un’era e questo mi rende molto triste. Però mi sento sollevata ora che l’ho detto apertamente.

 

Restate sintonizzati per la confessione del mio amore segreto, le canzoni di High School Musical.

Ah, mi dicono dalla regia che non è un segreto. Vabbè.

Pirati dei Caraibi: tiriamo le somme

Dopo aver visto La vendetta di Salazar, sono corsa a sentire che ne pensava VictorLaszlo88. La sua recensione mi ha fatto venire voglia di rispondere, quindi vi dirò la mia in un palloso e lunghissimo intervento. Ma non sono brava come lui a dare un parere senza fare spoiler, quindi siete stati avvertiti.

Il mio bisogno di evasione dal mondo ha sempre trovato sazietà nelle leggende dei pirati, e tutto è nato da Pirati dei Caraibi. Per una con una fervida immaginazione quale sono io, è come una vita parallela. Romanzi, pellicole, i miei stessi racconti, attraverso tutte quelle storie ho navigato sulla Flame Feather, mi sono tolta il cappello di fronte all’impiccagione di Charles Vane, sono stata maledetta dal forziere di Cortez e ho assaggiato il sapore della pelle di Anne Bonny.

Ecco, neanche venti righe e già parto in quarta con il sentimentalismo. Ora mi ricompongo.

 

995047_10201345204180524_907434665_n

 

 

Sceneggiatura e regia

Nella sua recensione, Laszlo ci informa che lo sceneggiatore è rimasto lo stesso per tutta la saga, Terry Rossio. Eppure su Wikipedia dicono diversamente: il quinto film sarebbe stato scritto da Jeff Nathanson. So che non è da prendere per oro tutto quello che scrivono su Wikipedia, ma onestamente voglio sperare in questo cambiamento. Perché il soggetto di Terry Rossio e Ted Elliot mi ha dato frasi come…

“Non è solo una chiglia, uno scafo con il ponte e le vele – sì, una nave è fatta così. Ma ciò che una nave è… ciò che la Perla Nera è in realtà, è libertà.”

“Belli erano i tempi in cui il dominio del mare non veniva da patti stretti con inquietanti creature, ma solo dal sudore della fronte e dalla forza della schiena di un uomo.”

 

93ef49baad20fec435e64c7ff7793011

 

Il copione de La vendetta di Salazar si presenta con una prospettiva più minimalista, esprime una concezione della sceneggiatura completamente diversa, per questo mi è facile immaginare che abbiano sostituito la penna. Troviamo frasi a tratti superflue, certe battute forzate che fanno sembrare la pellicola la parodia di se stessa.

Pirati dei Caraibi è, tra le altre cose, un soggetto divertente, ma non tanto per le barzellette quanto per situazioni improbabili che si legavano perfettamente – lo ripeto, perfettamente – con la trama principale. Non è ciò che viene detto, ma ciò che viene fatto. Agli sceneggiatori era affidato il compito di far sembrare i pirati affascinanti e strafighi, al regista non rimaneva che metterci in mezzo la ruota di un mulino per rendere più simpatici i duelli. Era questo a funzionare, questo io adoravo: impacci e sgambetti che volevano smontare la facciata epica dei pirati, piccoli colpi di scena con i giusti tempi comici. Mi hanno dato l’illusione di essere rimasti fedeli a questo modello, quando Jack è entrato in scena dormendo in una cassaforte con una donna sposata. Poi è tutto degenerato con un’intera banca che viene trascinata da una carrozza. Bah.

Già in Oltre i confini del mare il modello inizia a mancare, e noi ci accontentiamo di un Jack Sparrow che salta nel vuoto un paio di volte e ruba un dolcetto al sovrano britannico. E tocchiamo il fondo con il quinto film, dove i duelli sono misere inquadrature di colpi di spada e una parentesi inutile sulla polena di prua che prende vita. Sembrano aver concluso all’unanimità che al pubblico basta la storica soundtrack e una fuga saltellante in cui Sparrow si salva per un pelo – portandosi dietro una banca, appunto. Per il resto, non c’è un vero spessore nelle scene “d’azione”.

Citando VictorLaszlo, probabilmente il tutto è passato in secondo piano per l’attenzione data alla grafica. La polena sarà stata inutile, ma era visibilmente bellissima, stessa cosa vale per la scena della divisione delle acque. Sugli effetti siamo sempre 10 e lode, questo non è cambiato.

 

18582026_10213347620553432_9090507349905447237_n

 

 

Salazar

Ora, i personaggi. Capitan Salazar non ha deluso soltanto Victor, anche io mi aspettavo molto da questo villain. Dal punto di vista estetico è eccezionale, ma semplicemente non basta. Se c’è una cosa in cui sono sempre stati bravi gli autori della saga è proprio creare un qualcosa in più nei cattivi, in modo che possano essere capiti un pochino dallo spettatore. Se io vivessi mangiando Philadelphia senza trovarne soddisfazione – come Barbossa con le mele -, sarei anche più cattiva di lui! Poi mi incazzo se la gente mi dà buca per un cinema, mi figuro se avessi solo un giorno libero ogni decade come Davy Jones.

Con quei personaggi si poteva empatizzare, invece da Barbanera sembra sia stato innalzato un muro invalicabile tra noi e gli antagonisti: non vi è più spazio per creare una psicologia credibile. Salazar viene maledetto, come viene maledetta metà della popolazione mondiale in quella realtà del XVIII secolo, ma conosciamo esclusivamente questo di lui. Infatti, dalla presentazione epica che avevano costruito nei trailer, mi aspettavo che lo facessero sopravvivere per il sesto film, quantomeno per darci modo di andare oltre la superficie.

 

 

La nuova coppietta

Con Henry e Karina abbiamo ottenuto risultati migliori della precedente coppia, ovvero l’emissario palestrato e la sirena, i quali sono usciti esattamente come arrivati: senza uno scopo.

Dacché mondo è mondo, agli ultimi arrivati si deve dare un tratto caratteristico, qualcosa per essere ricordati. Karina è una donna di scienza, e questo l’ho apprezzato, anche se alla fine del film le sue conoscenze vengono usate come una sorta di nuovo (nuovo?) modo per navigare: “Non abbiamo bisogno della mappa, seguiremo le stelle”, come se fosse possibile seguirle senza conoscerle. Ancora: sceneggiatura scialba.

Il tratto caratteristico di Henry a mio parere è un po’ – permettetemi il termine – paraculo. A conti fatti non è altro che il fanciullo onesto e coraggioso – ovvero Will Turner, ma perché è così? Beh, ovvio, perché è suo figlio! E potrei pure farmela andare bene questa spiegazione, se almeno la questione fosse stata gestita meglio.

Mi spiego: la Disney ha una lunga tradizione di sequel che sfruttano la progenie dei protagonisti per crearsi nuove trame. E devo dire che mi sono emozionata di più con la reunion di Peter Pan e Wendy, in Ritorno all’Isola Che Non C’è. Jack non è mai stato un tipo sentimentale, okay, ma una mini parentesi sui tempi andati io l’avrei messa. Fosse pure nel più cliché dei cliché: di notte, dopo una battaglia, guardando le stelle. Al posto dei banalissimi consigli su come flirtare con una signora, per esempio. Cribbio, mi sono sorbita Sparrow che sbava ricordando le inesistenti tette della Swann, almeno avrebbe potuto accennare un “Ho salvato tuo padre nel mio primo e ultimo quarto d’ora di umanità, quindi senza di me non saresti nato.”

 

7967b0eabf279f37de034a5edb3801f4

 

Perché per me quello è stato uno dei momenti più toccanti della saga, nonché un colpo di scena che diventa il motore del quinto film. Scene del genere sono il motivo per cui ho apprezzato molto più i momenti di serietà, quelli di lacrime, piuttosto che i comici.

 

 

Hector Barbossa

Parlando di lacrime, ecco. Qui mi trovo in disaccordo con Victor, a mio parere Barbossa è l’unico che si salva – infelice scelta di parole, sentite il mio cuore che si spezza? L’ho trovato molto coerente con quello che è sempre stato. Nell’era di decadenza per la pirateria, lui riesce a trionfare, si crea la sua flotta, trova il modo di essere un pirata libero e potente pur concedendosi i lussi che apprezzava quando era in marina. Tutto l’ambaradan di dolcetti, quartetto di violini e teschi d’oro, era così da Barbossa! E soprattutto finge di sottomettersi a Salazar, ma solo per raggiungere la Perla Nera e avere l’occasione di combatterlo. Sarebbe stato facile e indolore eseguire gli ordini, ma Hector non segue gli ordini di nessuno.

 

f0e7f536109871f0f02c69c37acd4ec5

 

L’ho amato dalla prima scena per ogni lato di quello che è, il cattivo e l’eroe, la canaglia e lo stratega, il fuorilegge con una classe impareggiabile.

E proprio lui dovevano togliermi.

 

“Cosa sono io per te?”

“Un tesoro.”

 

Voglio uccidermi.

 

 

I coniugi Turner

Arriviamo alla coppia storica della saga. Seppure io covi il mio odio per Elizabeth Swann da più di dieci anni, senza di lei e il suo uomo la trama cade a pezzi. Stanno in scena per cinque minuti in tutto e troppe falle lasciano dietro. Tipo: perché nessuno dei due va a cercare il figlio che si mette in pericolo di sua sponte? Perché Will non va per primo a cercare il tridente, visto che – anche a chiamarla maledizione – ha dentro di sé tutto il potere del mare?

E soprattutto: perché Will ha quello scoglio in faccia? L’Olandese Volante fa questo all’equipaggio che si rifiuta di traghettare le anime di chi muore in mare, quindi io mi chiedo cosa diavolo abbia fatto Turner per vent’anni se non ha adempiuto al suo ruolo, non ha cercato un modo per liberarsi dalla maledizione né ha aiutato Henry. Dice due battute in croce – di cui una è “Figlio!” – e sembra costantemente strafatto. Forse è con l’oppio che ha ammazzato il tempo, perché da eroe cocciuto e temerario è diventato un rincoglionito.

 

c80c0d0863faeaada656c453f5ade798

 

 

Jack Sparrow

Ho lasciato per ultima la più grande delusione. Al personaggio di Jack devo molto, è stato un grande amore dell’infanzia e un’altrettanto grande ispirazione, perché ho iniziato a scrivere fantasticando sulle sue avventure – le mie prime fanfiction, in altre parole.

E’ sempre stato un personaggio spassoso quanto indispensabile per gli eventi, un protagonista parallelo senza cui i due “buoni” avrebbero passato l’esistenza a guardarsi da lontano. Il capitano Sparrow riempie le giornate, nel bene e nel male ti fa vivere a pieno, ti mette in situazioni in cui neanche tu sai fin dove ti spingeresti, per ottenere ciò che vuoi.

 

92ab65b3007533961456baeed7ec423f

 

Tutto questo, nel quinto film scompare. Scompare la grinta, la sagace e imprevedibile visione del mondo, quel ghigno luccicante che dà l’impressione che sappia dal principio come finirà la storia. Qui è solo un depresso pirata in rovina, che viene catapultato in una nuova avventura che non gli lascia nessun ruolo. Henry si imbarca per trovarlo, perché convinto che sia l’unico a poter spezzare la maledizione di Will, ma in effetti Jack non fa assolutamente nulla. Viene inquadrato, fa la sua battuta sconcia e poi si torna al vero film.

 

 

E quindi?

E quindi è andata così. Ero emozionata per questo quinto capitolo, il che non ha aiutato. Ma col senno di poi, sono dovuta scendere a patti col fatto che la vera saga è finita molto tempo fa, e con lei la mia infanzia. L’avrebbero chiusa alla grande con Ai confini del mondo, lasciando un sentore di eterna vita e avventura per tutti i protagonisti.

E soprattutto, anche se dirlo mi fa male su troppi fronti, gli attori per primi avrebbero dovuto dire no. Perché sono tutti così visibilmente stanchi – prendendo di nuovo in prestito le parole di Lazslo. Venite a dirmi che sono vecchi, ma non sono mica morti! E, cosa più importante, non sono finiti. Geoffrey Rush è un mostro di attore, ma ha bisogno del ruolo giusto, e portarsi dietro il fantasma di un personaggio che ha reso unico dieci anni fa non può fargli bene.

Stessa cosa, ahimè, vale per Johnny Depp. Sento molti dire che è arrivato alla frutta, che dopo Sparrow ogni ruolo datogli è stato una sua caricatura, ma non sono d’accordo. La maggioranza dei film per cui l’ho apprezzato sono venuti prima di Pirati dei Caraibi, è vero, ma per dirne una, con Sweeney Todd e Black Mass si è dimostrato bravo nelle vesti del cattivo. Ed è per questo che sono curiosa di vederlo nel sequel di Animali fantastici e dove trovarli. Ci sono altre facce di lui, oltre al furbo buffone, che possono essere sfruttate.

Ma in quanto a Jack Sparrow, è ora di appendere al chiodo il suo amato cappello a tre punte. Continuerà ad essere l’inestimabile ispirazione per i racconti che scrivo, quella sulla Perla Nera continuerà ad essere il mio ideale di vita. Ma come ho accettato la cancellazione di Black Sails, l’epilogo de La vera storia del pirata Long John Silver, come un giorno accetterò di scrivere la parola fine sui fogli in cui ho fatto nascere Red Crow, accetterò anche questo.

Anche se facessero un sesto film – e la scena post credits lo lascia intendere -, l’era di Pirati dei Caraibi è bella che finita. E immagino sia giusto così.

18582569_1673905229303559_3376031461709425436_n

Ora, se non vi spiace, vado a piangere in un angolo.

La Bella e la Bestia – La recensione non richiesta

Scrivere di cinema mi fa sentire il fiato del mio fratellone regista proprio qui dietro il collo. Voglio provare a partorire qualcosa di sensato, perché poche cose sento mie quanto la Disney e i suoi classici.

Credo che ogni bambina degli anni ’90 sia cresciuta identificandosi con una principessa disneyana e io ho trovato me stessa in Belle – offendendo gli occasionali fanciulli che sceglievo come miei principi, immagino. Quindi ero curiosa di questo live action.

 

636187891842737887-1080023095_rich_mobile_beautyandthebeast_header_22399e2f

 

 

Sono uscita dalla sala con un turbine di considerazioni in testa e ho bisogno di buttarle giù. Ma non posso contenere gli spoiler per farlo, quindi se non avete visto La Bella e la Bestia (2017) vi conviene chiudere tutto e andare a vederlo. E poi tornare qui a leggere, ovviamente.

 

Lo definirei il film della fusione. Il punto di forza è allo stesso tempo il punto debole: tante realtà diverse tra loro che cercano di coesistere. Conoscendo la Disney, la fusione deriva dal bisogno di accontentare un target quanto più ampio possibile, ma quando si parte da una pellicola che esiste già la sfida è più ardua. Perché non hanno dovuto soltanto misurarsi con la loro reputazione – “Vado a vedere questo film perché la Disney sforna (quasi) sempre capolavori” -, ma anche con il loro stesso film!

Per mantenere un minimo di ordine mentale, credo di dover analizzare il live action tramite tutte le sue realtà.

 

Prima e più importante, la realtà del classico datato 1991. La pellicola è stata costruita prendendo spunto da quella originale e questo ha suscitato pareri contrastanti. Insomma, tutto bello e romantico, ma che senso ha pagare per vedere una copia? Abbiamo tutti la cassetta di La Bella e la Bestia a casa, no?

La produzione non ha replicato a questo feedback negativo, piuttosto ha lasciato parlare il cast. Uscivano i trailer, con scene palesemente – e volutamente – identiche a quelle del film d’animazione, e poi gli attori rilasciavano un’intervista o si facevano scappare una parola su ciò che ci sarebbe stato di particolare nel live action. Infatti la fedeltà al vecchio film rappresenterà circa un 50%.

La realtà del ’91 è anche la realtà nostalgica, per noi che eravamo bambini in quegli anni. E io ho percepito tantissimo lo sforzo della produzione per colpire ed emozionare noi ventenni. Il picco di questo sforzo lo troviamo nella performance di Stia con noi, si fanno il culo per renderlo spettacolare e io l’impegno lo apprezzo. Ma non sarà mai come l’originale. Sia per una questione di grafica animata che per il confronto con una canzone che tutti abbiamo cantato da piccoli – nel caso della mia famiglia, che cantiamo ancora adesso. Questo film è come la nuova fidanzata che viene paragonata a quella che ci ha mollato, che irrimediabilmente idealizziamo e ricordiamo come perfetta.

 

beauty-and-the-beast-be-our-guest-228657-1280x0

 

Poi una realtà che mi è piaciuta parecchio, quella storica. I riferimenti al XVIII secolo si intrecciano con l’astratta idea insita nella favola (“C’era una volta in un paese lontano lontano…”). Hanno tenuto l’abito di Belle, l’abito iconico color oro, ma per il resto i costumi sono stati adattati alla moda del Roccocò francese, quindi merletti, cipria bianca e parrucconi. Perché in effetti, molti vestiti delle principesse Disney sono storicamente inesatti, pensati per accostarsi più all’aria fiabesca che al setting storico. Il che rende questo film più adulto.

Gaston che ha combattuto in guerra. Parigi durante gli anni della peste. Il problema dell’analfabetismo che la gente di paese neanche si pone – che, anzi, evita accuratamente di affrontare. La coreografia del famoso ballo ricreato secondo le danze di quei tempi. Bello, bello, bello.

 

La realtà comica è quella che ho gradito di meno. Per spezzare il tono sdolcinato e serio di certe scene, ci hanno ficcato tempi comici che ci stanno come i cavoli a merenda. La palla di neve gigante in faccia a Belle mi ha lasciata di stucco. E’ come se Ercole desse un pugno nei gioielli a Filottete nel bel mezzo dell’addestramento.

Forse nelle canzoni ha funzionato meglio, perché la musica familiare del film originale ha il potere di metterci tutti a nostro agio e ogni cosa sembra incastrarsi come dovrebbe. LeTont che si alza la camicia per far vedere il segno del morso di Gaston, pur essendo una parentesi random, è un esempio di questo.

 

La quarta realtà è quella attuale. Quella che vuole calzare a noi giovani fanatici come un nuovo vestito su misura.

La colonna sonora di Ariana Grande e John Legend è stata pensata per questo, il cast è stato pensato per questo. Ian McKellen, Emma Thompson e la stessa Emma Watson – tutte scelte strategiche.

Aprirei una parentesi sulla Watson, qui. Vero è che non l’ho mai vista spiccare di particolare bravura nella sua carriera in Harry Potter, ma in questo film in particolare non mi è piaciuta. Bellissima, bella voce, ma non mi ha convinta nell’espressività. Sembra troppo concentrata a fare la docile e delicata principessa, tanto che i suoi occhi non mi hanno mai dato una vera emozione potente. Io impazzirei nel vedere utensili da cucina che ballano e cantano per allietare la cena – anzi, rettifico, sono impazzita a vederlo -, invece lei sorride e basta. L’ho trovata per lo più passiva alle cose incredibili che scopre, ed è deludente per essere un personaggio che sogna l’avventura più di ogni altra cosa.

 

beauty-and-the-beast-984bd475-bf72-450b-acd1-ab31e4c7e30d

 

Questo punto negativo va a braccetto con la presentazione della Bestia. Come personaggio funziona, mi piace adesso come quando ero bambina. Però la voce da bamboccione che assegnano a dei comuni Liam Hemsworth e Ashton Kutcher mi ha fatto venire il latte alle ginocchia. Quindi doppiaggio bocciato. E i suoi muscoli, santo cielo: che senso hanno avuto i muscoli? La Bestia non deve essere attraente, il senso della storia è proprio quello!

 

4de21e320f75b5efda4b66f52af3cb3d

 

L’attualità porta ad un’analisi approfondita dei personaggi, per venire in contro ad un clima più realistico. Maurice porta Belle in un paesino sperduto per tenerla al sicuro dalla peste che ha colpito Parigi, la Bestia è stata educata dal padre per essere un principe freddo e spietato. Ah, e il personale del castello che ritrova parenti e cari che li credevano dispersi perché sono stati trasformati in oggetti – quello è stato adorabile, oltre ad aver riempito un non indifferente buco di trama.

Non stupirò nessuno dicendolo, ma il personaggio che ho apprezzato di più nella sua attualità è stato LeTont. E’ stato strappato dal ruolo di sidekick dell’antagonista – posticino che condivideva con Pena e Panico, Spugna, Genoveffa e Anastasia. Lo hanno reso una persona reale. E io non ho potuto far altro che amare ogni dettaglio di lui. Ho amato i vestiti da dandy, lo sguardo altezzoso contornato dalla eye pencil, la moralità che viene fuori quando Gaston supera il limite. Perché LeTont non è un cattivo ragazzo, è solo innamorato del cattivo ragazzo. E quale spettatrice può dire di non capirlo almeno un po’?

f9a25936cb21e65ad6fb716552d9ffdf

 

 

Momento engagé tra 3… 2…

Ora parliamo della causa che mi sta più a cuore. La Disney è celebre per la sua originalità, in ogni singolo film punta su ciò di cui non ha mai parlato, ogni trama ha un mondo inedito. Viene spontaneo pensare che prima o poi vogliano anche cimentarsi nel mondo LGBT+, con cui potrebbero farci emozionare e divertire tantissimo. Ma ogni tema deve essere sempre filtrato per il target più giovane. E dacché mondo è mondo, il più grande problema dei bambini sono i loro genitori.

L’intrattenimento infantile si sta introducendo in punta di piedi nell’argomento omosessualità, per incorrere il meno possibile nelle critiche di bigotte teste di cazzo – scusate il francesismo. Sono convinta che, fosse dipeso dalla produzione, avrebbero piazzato un crescendo di orchestra sotto un bacio mozzafiato tra LeTont e un principe a caso. Ma poi avrebbero rischiato di giocarsi metà del pubblico – e quindi degli incassi.

 

7d42fe69741fa7e52195d60e4e112c1c

 

La società è quella che è e ci siamo accontentati di mossette teatrali, occhiate di gelosia alle tre galline che fangirlano sul suo uomo, invadente contatto fisico… e il ballo finale. Anche se è stato un frame, uno solo, c’è stato. Un ragazzo che danza con un altro ragazzo. E già questo è stupendo, per quanto mi riguarda, perché sono progressi.

La Disney ha usato un’ambientazione e un personaggio con cui il pubblico era già familiare per introdurre una novità importante. E l’ha fatto in un modo abbastanza discreto e quasi impercettibile, per sentire la temperatura dell’acqua. Per assicurarsi che il mondo sia pronto a vederla affrontare un tema così socialmente controverso. E non so dire quanto questo mi esalti.

Oserei dire che forse negli anni ’90 – quando non esisteva il mostro Teoria Gender che spunta da sotto il letto per mangiare i nostri figli – avrebbero potuto far passare la cosa, senza definire esplicitamente LeTont come gay.

Sono felice del risultato, sono felice che la casa di produzione che preferisco abbia deciso di fare propria la mia causa attraverso la favola che amo di più. E nel complesso il film mi ha emozionata, i punti negativi che ho trovato non incidono abbastanza da farmi pentire di aver pagato per vederlo. Anzi, probabilmente lo pagherò ancora, quel biglietto.

 

9689828d5940b68c4f4ea90fdefa1662

 

 

Però in lingua originale, perché il doppiaggio è sempre bocciato, bocciatissimo.